Trieste e Carso: meraviglie tra natura, architettura e tradizioni

19/05/2025

Tra osmize, leggende e sentieri sospesi nel tempo, ecco i consigli per un'esplorazione lenta sul confine orientale

Qualche mese fa Trieste è entrata nella top dieci delle destinazioni globali più di tendenza per il 2025 secondo uno dei più grandi motori di ricerca travel del mondo, insieme a mete lontane come Sanya in Cina, Tromsø in Norvegia, João Pessoa in Brasile e Naha nel paese del Sol Levante. Del resto, l’interesse del turismo italiano e straniero per questa città aumenta di anno in anno, e non è una sorpresa: l’architettura viennese e i campi alla veneziana, i caffè mitteleuropei e l’atmosfera fin de siècle di Trieste conquistano sempre più viaggiatrici e viaggiatori. Per un itinerario fuori dal comune rispetto ai soliti percorsi turistici, quando si è da queste parti vale la pena alzare lo sguardo appena sopra il Golfo; nel Carso non ci sono alberghi di lusso e negozi di tendenza, ma scorci da scoprire ed esperienze da vivere con gli scarponi impolverati e lo zaino in spalla, in un Nord-est a cavallo tra realtà e immaginazione.

Il Carso, altopiano di pietra e di leggende

Per chi è nato e cresciuto a Trieste, il Carso è una seconda pelle, l’essenza di una città che da sempre racconta storie di confine, di convivenza tra culture e di scontro, purtroppo frequente e doloroso. Dal punto di vista geografico, si tratta di un altopiano modellato nei millenni dall’erosione dell’acqua, tanto che le doline e le grotte della zona sono interessate da un fenomeno che i geologi hanno chiamato carsismo; si trova in uno spazio fra le province di Gorizia e di Trieste, e quelle istriane e slovene oltre confine. Certo è che il territorio si presta a essere protagonista di storie, aneddoti e leggende: secondo una fiaba popolare, Dio avrebbe incaricato l’Arcangelo Gabriele di liberare il mondo dalle pietre in eccesso, ma il Diavolo, per dispetto, le avrebbe fatte cadere tutte insieme in un solo punto della terra – una distesa aspra che è un tutt’uno con la vegetazione, il Carso appunto.

Scoprire le osmize, dove il tempo sembra essersi fermato

Impossibile pensare di fare un giro nel Carso senza fermarsi in un’osmiza, altrettanto impossibile pensare di poterle cercare su Google Maps: nate durante il regno di Maria Teresa d’Austria, le osmize sono piccole osterie familiari, immerse tra vigneti e muretti a secco sull’altopiano. Si trovano seguendo indicazioni scritte a mano, cartelli scoloriti e frecce in legno, ma soprattutto grazie alla frasca, un mazzetto d’edera appeso a lato strada – indica che l’osmiza è aperta, per un periodo variabile deciso da ciascuna famiglia, come quando Giuseppe II d’Asburgo aveva autorizzato i contadini del litorale ad aprire al pubblico il loro podere, ovviamente a tempo. Nelle osmize non c’è menù alla carta ma formaggi di capra, salumi affumicati e sottaceti, vini della casa e zuppe come la jota; anche se oggi esiste il portale osmize.com con le aperture periodiche, il vero modo per trovare l’osmiza perfetta è chiedere ai local, e portare avanti un passaparola antichissimo.

Passeggiate letterarie sul Sentiero Rilke, tra mare e poesia

Due chilometri di meraviglia: il Sentiero Rilke collega Sistiana a Duino, lungo un tratto a strapiombo del ciglione carsico, scavato nella roccia bianca e affacciato sul Golfo di Trieste. Il nome del sentiero, inaugurato nel 1987, è un omaggio a uno scrittore come Rainer Maria Rilke, che, ospite del Castello di Duino, camminava ogni giorno nei dintorni e si era innamorato del Carso triestino. Dopo il tratto finale, si può visitare il Castello di Duino, ancora abitato dai principi Della Torre e Tasso ma in parte aperto al pubblico, o spingersi poco oltre, verso la chiesa di San Giovanni in Tuba alle Bocche del Timavo. Il fiume, che scompare in Slovenia e riemerge qui, viene celebrato da Virgilio nell’Eneide.

Monte Grisa, brutalismo mistico sul golfo

C’è chi lo detesta e chi lo adora, ma nessuno resta indifferente: con le sue geometrie in cemento armato, il Santuario di Monte Grisa domina Trieste dall’alto, un gigante brutalista costruito negli anni Sessanta come voto alla Vergine per aver salvato Trieste durante la Seconda Guerra Mondiale. Quando lo progetta, Antonio Guacci immagina 40.000 metri quadrati di triangoli e trapezi, che si intrecciano a formare una croce. La luce che entra obliqua nelle navate, la quiete assoluta all’interno e la natura tutt’attorno sono il valore aggiunto di uno spazio mistico, capace di parlare davvero a chiunque.

Il ritorno del Tram di Opicina

Dopo anni di restauri, lo scorso febbraio è tornato a funzionare uno dei mezzi di trasporto più amati a Trieste: quello per Opicina è un piccolo tram bianco e blu, a metà tra una trenovia e una funicolare, che è stato inaugurato dagli austriaci nel 1902 per affrontare più facilmente la salita di Scorcola, grazie a un sistema a trazione che è ancora un caso unico in Europa. In una manciata di minuti, insomma, si passa dal centro cittadino al silenzio dell’altopiano; si avverte il profumo dei pini marittimi, la luce si fa nitida e lo sguardo corre lontano, fino alla costa slovena e, nelle giornate più limpide, perfino alla Croazia. Una volta arrivati a Opicina, si può continuare a piedi tra i sentieri del Carso, oppure fermarsi su una panchina a guardare la città dall’alto, lasciando che la luce cambi colore con il passare delle ore.

Visto su Harper's Bazaar / Lifestyle 

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